Tra i tanti aspetti negativi del Carcinoma a cellule squamose del cavo orale (OCCS), (alta mortalità, ritardo diagnostico, scarsa risposta ai chemioterapici, gravi ripercussioni funzionali e psicologiche dovute alla chirurgia oncologica del volto) ve ne è uno di positivo: la presenza di un gruppo di malattie, di cui conosciamo la possibilità di trasformazione in senso maligno e la cui gestione può ridurre la mortalità e la morbilità dovuta all’ OCCS. In questo senso l’odontoiatra, la cui attività quotidiana è rivolta esclusivamente al cavo orale, con valida strumentazione e idonee fonti di luce, gioca un ruolo fondamentale.

Nel 2005 l’Organizzazione Mondiale della Sanità (WHO) ha inquadrato tali lesioni preneoplastiche in un gruppo di malattie, dette Disordini potenzialmente maligni, le quali possono, nel tempo, trasformarsi in carcinoma o la cui presenza rende più probabile la formazione di un carcinoma in una sede apparentemente sana di mucosa circostante. È altresì importante sottolineare che il carcinoma del cavo orale (CdCO) può insorgere indipendentemente, senza essere preceduto da una lesione precancerosa.
Le malattie preneoplastiche che più frequentemente possono giungere all’osservazione dell’odontoiatra sono la Leucoplachia e il Lichen Planus Orale.

LEUCOPLACHIA
Si tratta di un ispessimento di color bianco della mucosa, non riconducibile ad una causa nota. Si può far diagnosi di leucoplachia solo dopo aver escluso tutte le cause conosciute in grado di causare una “lesione bianca” (lichen planus, cheratosi da frizione, cheratosi da fumo, leucoedema, morsicatio, white sponge naevus, candidosi, etc.). L’odontoiatra dovrà preoccuparsi di rimuovere i fattori locali (traumi da protesi, fumo, infezioni da Candida) e, in caso di mancata guarigione, effettuare la biopsia. La risposta istologica consentirà di escludere altre patologie, come il Lichen o il Lupus ad esempio, e solo allora si potrà fare diagnosi di leucoplachia.

Clinica
L’aspetto clinico della leucoplachia è molto importante (un occhio allenato gioca un ruolo fondamentale), perché in base ad esso si deciderà se effettuare una biopsia oppure no, si sceglierà in che punto della lesione fare il prelievo, se fare una biopsia singola o multipla. Rilevanza clinica ha anche la sede della L. (attenzione al pavimento orale e ai bordi lingua!), l’età ed eventuali fattori di rischio (fumo, alcool).
Classicamente distinguiamo:
1) Leucoplachia omogenea: colore bianco, superficie uniforme, scarsa potenzialità maligna.

2) Leucoplachia disomogenea: a più elevato rischio di trasformazione maligna. Può manifestarsi con a) erosioni, che conferiscono alla superficie un aspetto misto bianco e rosso (Leucoeritroplachia) b) superficie verrucosa (Leucoplachia verrucosa) c) lesioni verrucose multiple, con elevato tasso di recidiva, progressive e ad alta potenzialità maligna (Leucoplachia verrucosa proliferativa).

Leucoplachia omogenea

Leucoplachia disomogenea

Leucoplachia verrucosa

Leucoplachia proliferativa verrucosa

L’utilizzo comune del termine “lesione precancerosa o preneoplastica” potrebbe far pensare che il destino di tali lesioni sia, prima o poi, il viraggio maligno. Questo non è assolutamente vero e i dati della letteratura (molto discordanti in verità per la non uniformità degli studi) ci dicono che la maggior parte delle leucoplachie non vanno incontro a trasformazione maligna. Altra cosa è chiedersi, invece, quali caratteristiche debba avere una lesione per essere giudicata ad alto rischio di trasformazione maligna. Ho già detto che l’aspetto clinico è importante (omogeneità/disomogeneità) e che la sede è importante (es. pavimento); un altro aspetto importante riguarda la Displasia, entità istologica considerata a tutt’oggi il principale fattore prognostico di potenzialità maligna. Un tessuto displastico si presenta con atipie cellulari ed alterazioni strutturali, che, andando dallo strato basale verso gli strati superficiali dell’epitelio, identificano tre gradi di displasia: lieve, moderata e grave.

Gli studiosi sono impegnati, nell’ambito della ricerca biomolecolare, nell’individuazione di marker specifici, la cui scoperta darebbe un impulso decisivo alla diagnosi precoce ed alla gestione dei PMD.

LICHEN PLANUS (LP)

 

Il lichen planus è una malattia mucocutanea cronica caratterizzata da una reazione infiammatoria, a genesi autoimmunitaria, rivolta verso i cheratinociti basali, che esprimono un antigene riconosciuto dal sistema immunitario come non self. Vari meccanismi (traumi, farmaci, sostanze chimiche, microrganismi) possono indurre la mutazione antigenica, ma a tutt’oggi l’antigene non è stato ancora individuato.

 

Il LP ha una prevalenza nella popolazione adulta del 1-2%, prediligendo il sesso femminile. L’odontoiatra ha quindi un’alta probabilità di incontrare questa malattia nel suo cammino professionale.

 

Le lesioni possono interessare solo il cavo orale, con andamento cronico e senza mai una vera guarigione, oppure coinvolgere anche la cute o le mucose di altri sedi (es. mucosa genitale), richiedendo la consulenza di più specialisti.

 

Clinicamente le lesioni, molto varie, si possono dividere in 2 gruppi.

  • Lesioni bianche (papule, placche, strie reticolari) che solitamente sono asintomatiche.
  • Lesioni rosse atrofico-erosive (erosioni, ulcere, bolle) che possono dare una sintomatologia dolorosa anche severa.

Le lesioni bianche si organizzano in reticoli bianco grigiastri, tipicamente bilaterali, che interessano principalmente la mucosa delle guance (strie di Wickham) e/o in placche, frequenti sul dorso lingua, da non confondere con la leucoplachia. Il LP può anche interessare solo le gengive dando un aspetto clinico detto “gengivite desquamativa” che deve essere messa in diagnosi differenziale con le malattie vescicolo bollose e che l’odontoiatra deve saper riconoscere, vista la facilità con cui può essere scambiata per parodontite. Il lichen reticolare e a placche solitamente è asintomatico e non richiede terapia. Il lichen atrofico erosivo e bolloso è spesso sintomatico, con dolore talvolta molto grave e richiede la terapia, non risolutiva, ma sintomatica.

Le lesioni rosse sono quelle che meritano grande attenzione da parte del clinico, perché, tra le lesioni del lichen, sono quelle più frequentemente associate alle neoplasie epiteliali maligne. La WHO ha incluso il LP tra i disordini potenzialmente maligni; bisogna altresì dire che tale eventualità è molto rara. Si stima che i pazienti con LP abbiano un rischio di trasformazione a 5 anni dell’1%, che è comunque maggiore del rischio che ha la popolazione in generale.

Diagnosi:

Le lesioni reticolari, per il loro aspetto e la bilateralità permettono una diagnosi agevole, le lesioni erosive invece richiedono un riscontro bioptico. L’istologia del lichen mette in evidenza un infiltrato disposto a” banda” nella lamina propria, formato per lo più da linfociti T ed i corpi citoidi o di Civatte, che derivano dall’apoptosi dei cheratinociti.

L’immunofluorescenza diretta mette in evidenza i depositi di fibrinogeno presso la membrana basale ed i corpi di Civatte.

LP: strie reticolari

LP a placca dorso lingua

LP bolloso

Questo quadro clinico si identifica con la gengivite desquamativa, facilmente scambiabile per una parodontite. L’istologia e l’IFD permettono la diagnosi differenziale con le malattie vescicolo bollose.

LP ulcerativo del bordo lingua

Carcinoma insorto su lichen planus

LP cutaneo: papule sulla superficie flessoria

Infiltrato a banda nella lamina propria. Tale reperto istologico caratterizza anche le lesioni lichenoidi, la GVHD, il lupus discoide.

IFD: depositi di fibrinogeno