La collega chiede di essere vista urgentemente, perché la bocca “si sta sfaldando”. La visito ed effettivamente la mucosa gengivale è come se si stesse delaminando; con una pinzetta potrei “sbucciare” la gengiva da destra verso sinistra. 

Penso subito al segno di Nikolsky ed alla gengivite desquamativa, una manifestazione infiammatoria che di per sé non esiste come malattia, ma rappresenta un aspetto patologico, che sottende un gruppo di malattie autoimmunitarie. 

Mi concentro di più, per quanto me lo possano permettere gli occhi della paziente, che, come un periscopio, seguono tutta l’attività che si svolge in superficie. L’ipotesi gengivite desquamativa svanisce all’istante, anzi il problema è proprio opposto: assenza di infiammazione da eccesso di igiene. I denti sono tirati a lucido, le gengive, traumatizzate dallo spazzolino, sono in recessione, lasciando i colletti esposti. 

E la mucosa che si sfalda? La colpa è del collutorio.

A procurare il danno non è soltanto la frequenza, ma anche il modo di sciacquare.

La paziente me lo mostra: serra al massimo le labbra e spinge con forza il liquido nel vestibolo orale.

L’epitelio subisce la pressione del liquido staccandosi. Spiego la cosa alla collega e subito il periscopio si ritira ed emerge in superficie una persona sorridente e rasserenata. 

Tranquillizzare i pazienti, vedere il loro sorriso tornare e la tensione sciogliersi è un aspetto della  professione che mi appaga. I colleghi mi inviano i loro pazienti per diagnosticare lesioni orali, che non sono in relazione stretta con la carie e la parodontite.

Il paziente vive con ansia questo passaggio, ansia che si acuisce ancor di più, quando si renda necessaria la biopsia. Per fortuna, quasi sempre tutto si stempera nell’aggettivo che ogni persona desidera sentirsi dire: “benigno”.